«Ho dovuto chiamarti sul fisso perché avevi il
cellulare spento» le spiegò Giulia, seduta al suo fianco.
Era evidente che nella sua frase era implicita la
domanda: «Perché avevi il cellulare spento?».
«Mi ero distesa per un po’ sul letto» spiegò Luisa «ne
avevo bisogno».
«Allora mi spiace di averti disturbato».
«Non mi hai disturbato. Quando hai chiamato tu mi ero
già alzata. Poi sarebbe stato lo stesso…».
Erano sedute, in attesa dell’inizio della conferenza,
all’interno di una libreria esoterica di piccole dimensioni che vendeva, guarda
caso, anche mazzi di tarocchi. Le poche sedie a disposizione si erano riempite
in fretta e loro due, che se l’erano presa un po’ comoda pur essendo arrivate
in orario, avevano fatto appena in tempo ad aggiudicarsi gli ultimi due posti a
sedere contigui. Alla fine, tra persone sedute e persone in piedi i presenti
saranno stati una trentina.
Lei era entrata per prima nella loro fila di sedie e
per questo si trovava adesso seduta accanto a un ragazzo alto e magro con la
pelle olivastra, i capelli lunghi e gli occhiali; a Giulia invece era toccato
il posto più esterno, accanto a una parete di libri. Comunque sia, il ragazzo
in questione non dimostrava la minima intenzione di voler interagire con
nessuna delle due e a loro andava benissimo così.
Anche la conferenziera era alta e magra e in più, quasi
ci tenesse ad accentuare la cosa, vestita di nero da capo a piedi. Questi
dettagli, uniti al colore corvino dei capelli e al pallore del volto e delle
mani (le sole parti del suo corpo lasciate in vista dalla coltre di vestiti),
lasciavano chiaramente intendere una sua predilezione per l’estetica dark.
Aveva inoltre un piercing ad anello alla narice sinistra. I suoi grandi occhi
verdi erano comunque luminosi e penetranti e, quando iniziò a parlare, esibì
una gestualità decisa e una voce calda e profonda.
Si presentò come Eva Luna, lo stesso nome d’arte con
cui aveva firmato il suo libro. Come dire femminile
più femminile o femminile al quadrato.
Dopodiché si dedicò per quaranta minuti circa alla spiegazione del simbolismo
degli Arcani Maggiori con vari riferimenti alle loro connessioni con
l’astrologia e l’alchimia.
Spiegò che, in genere, evitava di usare i tarocchi come
strumento di divinazione, preferendo farne un uso diverso, più intuitivo,
inteso a scandagliare la psiche dell’interrogante. Lo stesso uso, per capirsi,
che la psicologia junghiana faceva dell’astrologia. Precisò anche, però, che a
differenza di certi suoi colleghi non sentiva nessuna ostilità nei confronti di
coloro che li usavano per predire il futuro.
Questa parte del labirinto è stata scritta da Ivano
Landi, autore dei romanzi L'Estate dei Fiori Artici e Solve
et Coagula.
Ecco cosa puoi fare
adesso...
- Puoi scegliere come continuare la storia, scegliendo tra uno dei brani qui sotto:
- Quando ebbe finito di parlare non chiese però, come accade di solito in eventi di questo tipo, se qualcuno avesse delle domande da farle. Disse che preferiva dedicarsi a una dimostrazione di tipo pratico, ma, poiché voleva lasciare meno gente possibile a bocca asciutta, non avrebbe fatto vere e proprie letture ma una specie di gioco. Sarebbe cioè passata tra le fila del pubblico con i suoi ventidue arcani maggiori chiedendo a ognuno di scegliere una carta che lei avrebbe poi interpretato. E, dopo avere aggiunto un’ultima premessa e cioè che, per rimanere nei limiti di tempo previsti, non avrebbe potuto dedicare più di tre minuti di orologio a ogni carta, dette il via al giro. [continua] (vai allaparte AAAAAAAA di Ivano Landi, clicca sul link).
- Puoi scrivere tu una nuova continuazione (di massimo 500 parole) mandandola a ildedalodellestorie@yahoo.it (le modalità sono descritte nella pagina introduttiva, ricordati di indicare il codice nel titolo di questo post).
- Se, invece, questa parte non ti ha convinto/a o volevi che le cose andassero diversamente, torna al capitolo precedente (ti basta cliccare sul link) e scegli un'altra strada o scrivine una.
Forza e coraggio,
l'avventura nel dedalo continua!
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tecnico/stilistici o di gradimento sulla parte in sé, non per scrivere
continuazioni.
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