Senza
dire niente, Alessandra alzò il piatto all’altezza del suo plesso solare e con
la mano libera afferrò una delle uova, se la portò alla bocca e la addentò.
Luisa era stupefatta: per la prima volta in due anni, la vedeva mangiare.
E la sua sorpresa era destinata a
prolungarsi, perché, subito dopo, la ragazza allungò ancora il piatto verso di
lei con l’apparente intenzione di offrirle l’altro uovo. Luisa esitò per un
breve momento, poi decise di stare al gioco, ma, proprio mentre stava per
allungare a sua volta la mano, emerse alla sua vista un dettaglio
raccapricciante che le era prima sfuggito: la superficie all’apparenza bianca e
lucida dell’uovo era in realtà pervasa di sottili ramificazioni venose che
trattenevano ancora il loro sangue. Luisa si rese conto, in poche parole, che
quello che aveva sotto gli occhi non era per niente un uovo bensì il testicolo
spellato di un grosso animale, forse di un cavallo. Fece per gridare, ma si
sentì la gola come paralizzata. In compenso, colpì però il piatto con una mano,
facendolo finire rumorosamente in terra e andare in mille pezzi.