sabato 17 agosto 2013

Parte ABA di Salamandra



Ho la strana sensazione che le porte mi stiano fissando. Prima, forse, avrei pensato di aver bisogno di qualche ora di sonno; ma dato che sono ufficialmente morto, il possibile e l’impossibile cominciano a non avere più confini così netti.
Devo scegliere, questo è poco ma sicuro. Innanzitutto, devo decidere se rimanere qui o provare ad attraversare una delle due porte, ma non c’è da riflettere molto, a dire il vero: chi diavolo vorrebbe passare l’eternità fermo in questo non-luogo?
La seconda scelta, invece, potrebbe richiedere più tempo. Non che questo mi manchi, per l’appunto.
Quello che mi impedisce di affidarmi al sempre utile ambaraba-ciccì-coccò è la possibilità che una di queste due porte mi conduca in una sorta di aldilà infernale, dove diavoli e altre creaturine altrettanto simpatiche mi tortureranno fino al giorno del giudizio (e oltre, magari). La scelta tra una porta e l’altra potrebbe essere una sorta di prova del nove, una pesa del cuore in stile egizio, da superare per rimediare alla mancanza del mio nome; in questo caso, sarebbe saggio evitare quella con Hitler e i suoi carri armati in bassorilievo…
Ma se, al contrario, le porte avessero un significato del tutto diverso?
Se quella porta di legno scuro mi portasse a rivivere una vita comune, mentre quella d’avorio fosse l’entrata attraverso cui immergermi in un periodo fondamentale della storia, magari in una persona che quel periodo l’ha cambiato?
Certo, quel maledetto bassorilievo nazista rende anche questa prospettiva piuttosto inquietante, ma non è detto che io finisca per forza nel corpo del pazzo baffuto o di uno dei suoi degni compari. Potrei abitare nel corpo di un conte rinascimentale, di uno scrittore vittoriano, di un contadino sumero…
Oppure potrei avere un’immaginazione troppo febbrile e un problema pressoché irrisolvibile.

Se ricordassi il mio nome non sarei costretto a scegliere. Cos’ho fatto, durante la mia vita, per meritarmi questo? Perché solo a me hanno rubato il nome?
Non posso fare a meno di sbuffare; avrei tirato un calcio al muro, prima, ma aspettare nella saletta d’attesa mi ha reso molto più paziente di quanto non fossi in vita.
Mi blocco. Impaziente; in vita ero impaziente. Com’è possibile che io me ne ricordi? 
Non ne ho la più pallida idea, ma perlomeno è un inizio. Forse, per superare questa impasse, devo cercare di ragionare come quando ero in vita: in fondo, se l’obiettivo finale è davvero il recupero del mio nome, non c’è cosa più logica che seguire il fu-me stesso.
Mi porto gli indici alle tempie e comincio a massaggiarle, nel tentativo di sforzare le mie cellule grigie ectoplasmatiche. Ero impaziente, quindi non mi piaceva aspettare. Magari mi arrabbiavo subito. Magari ero impulsivo. 
Quest’ultimo pensiero fa risuonare qualcosa dentro di me, come se qualcuno avesse scosso delle campanelle dal suono argentino in un recesso del mio cranio.

Sorrido, perché ora so di non dover avere altri indugi. Mi butto sulla porta d’avorio, quella che mi ha subito chiamato di più, e l’attraverso.


Questa parte del labirinto è stata scritta da Salamandra (ovviamente è un nickname).  



Ecco cosa puoi fare adesso...


  • Puoi scegliere come continuare la storia, scegliendo tra uno dei brani qui sotto:
    • Ma la porta mi respinge.
      Come è possibile? Mi avvicino di nuovo, con più cautela, ma non riesco ad avvicinarmi. Forse non sono io a scegliere? Mi avvicino alla porta più scura, ma anch'essa mi respinge. Che cosa ho sbagliato? Chiedo, ma la mia voce non produce suono. Del resto come è possibile che esista un suono dove non c'è aria? Come faccio a sapere che non c'è aria? Chiedo di nuovo, e, di nuovo, nessuno risponde. [continua] (vai alla parte ABAA di Reiuky, clicca sul link).
  • Se, invece, questa parte non ti ha convinto/a o volevi che le cose andassero diversamente, torna al capitolo precedente  (ti basta cliccare sul link) e scegli un'altra strada o scrivine una.


Forza e coraggio, l'avventura nel dedalo continua!



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