giovedì 29 agosto 2013

Parte ABCA di Maria Todesco



Sono giunto alla fine del tunnel, trovando finalmente quelli che sapevo essere i miei contemporanei. È così buffo non ricordare il mio nome e cosa ho fatto nella mia vita, ma sapere com'ero stato, quando ero vissuto, forse pure dove.
«Sì, anche dove, in Europa di certo» mi sono detto a mezza voce.
Un sorriso involontario mi ha increspato le labbra.
Fisso quelle figure subito prima dell'uscita, con occhio critico. Più le fisso e meno mi piacciono: mi ricordano zombies.
«Pure delle creature fantasy, mi ricordo?» sbotto contro me stesso.
Un pensiero raggelante e improvviso mi attraversa la mente. Avevo dato per scontato di essere morto, mi sentivo morto. Ma lo ero sul serio? Non ricordavo il momento del trapasso, non ne ero certo. Anche quel figuro nella sala d'attesa non mi aveva mai detto che io fossi morto. Certo, non gliel'avevo nemmeno chiesto. Quelli che passavano erano tutti morti. Chissà, forse non era per l'assenza del nome che non potevo procedere.
Magari è solo un incubo. O forse sono in coma? Sento nella mia testa una lontana eco di una voce tanto familiare quanto sconosciuta che mi dice: «Mi raccomando, se sei in un tunnel rimani lontano dalla luce».
«Facile a dirsi, ma io qui ora che faccio?».
Ero a un bivio poco prima e ora sono innanzi a un altro. Proseguire o ritornare? Se ricordassi il nome, morirei o uscirei dal coma? In più, c'é una luce intrinseca in ogni cosa, qui.
In verità sono consapevole di aver già scelto la porta e di non poter tornare indietro: se avessi dei dubbi, mi basterebbe voltarmi per constatare, come una parte di me già ha intuito, che la porta non c'è più. Tutto sommato, è un bivio con una scelta obbligata: proseguire.
«Strano» mi sussurro «non credo di essere mai stato molto determinato in vita mia. Che questo sia il mio purgatorio? Che io sia morto sul serio?».
Sospiro. È ora di finirla con tutto questo. Se c'è un posto dove tornare, prima o poi riuscirò a raggiungerlo. Se c'è solo un posto dove andare, altrettanto. Sempre ammesso che riscopra il mio nome. Altrimenti, be', le facce intagliate lì non sembrano poi così minacciose, una volta abituati: avrei compagnia per l'eternità.
Con quel pensiero, che tento di trovare incoraggiante, mi spingo, o forse costringo, al di là dell'ultima scena, verso il muro di luce oltre a essa.



Questa parte del labirinto è stata scritta da Maria Todesco, gestrice del blog omonimo e autrice della raccolta poetica Cristalli di vita.



Ecco cosa puoi fare adesso...

  •  Puoi scegliere come continuare la storia, scegliendo tra uno dei brani qui sotto:
    • La vista di una donna è sempre stimolante per un uomo, anche quando è clinicamente morto, o sospeso in coma farmacologico, o in procinto di trasformarsi in uno zombie, o qualunque altra cosa (se sapessi quale esattamente sarebbe meglio, ma ancora non l’ho capito).
      Una donna, esatto. Dietro la luce c’era una donna. Una donna di un biancore esagerato: non un biancore di pelle umana, ma addirittura eburneo, come di alabastro vero, marmo per statue. La osservo e dopo un attimo mi viene in mente, ma sì, una figura sacra della mitologia tibetana: una tara. [continua] (vai allaparte ABCAA di Ariano Geta, clicca sul link)
  •  Se, invece, questa parte non ti ha convinto/a o volevi che le cose andassero diversamente, torna al capitolo precedente  (ti basta cliccare sul link) e scegli un'altra strada o scrivine una.

Forza e coraggio, l'avventura nel dedalo continua!



Attenzione: lo spazio dei commenti qui sotto può essere usato per fare commenti tecnico/stilistici o di gradimento sulla parte in sé, non per scrivere continuazioni.


2 commenti:

  1. Interessante come continuazione. Stavo valutando l'idea di scrivere un pezzo aggiuntivo, ma sono contento di aver aspettato almeno si è inserito un nuovo elemento con nuovi spunti...

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    1. Oh, bene! Puoi riprendere da qui o continuare il filone dal punto precedente. Aspetto novità!

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