Applausi
e colpi di tosse dovevano essere circoscritti alle pause tra un brano e
l’altro, mentre era obbligatorio che i cellulari rimanessero spenti per tutto
il tempo. Dopodiché, esaurito il suo ruolo, l’uomo scese dal palco e si sedette
su una sedia in prossimità dell’ingresso principale.
Seguirono
altri secondi di immobilità e di silenzio, che furono finalmente interrotti
dall’ingresso, tra gli applausi, delle tre musiciste. La prima a entrare fu la
pianista, poi fu il turno di Alessandra e per finire entrò la clarinettista. Un
ingresso laterale, seminascosto da una tenda, permise loro di accedere
direttamente al palco senza dover costeggiare le file del pubblico.
Tutte e
tre indossavano abiti lunghi da sera di colore scuro che lasciavano loro
scoperte le spalle e ciascuna emanava, in modo diverso dalle altre,
un’abbondante dose di fascino. Ma l’effetto che ebbe su Luisa la vista di
Alessandra fu addirittura soverchiante. Immaginò che dovette essersi sentita
più o meno così Metanira, la regina di Eleusi, quando vide per la prima volta
la dea Demetra nel suo vero aspetto.
Risposero
agli applausi con un accenno di inchino, poi sedettero, in un frusciare di
chiffon, ai rispettivi posti. Alessandra si sedette sulla sedia di sinistra ma
con tutta la sua figura leggermente orientata a destra così che offrì di sé a
Luisa una visione di tre quarti. In nessun caso avrebbe tuttavia rischiato di
scomparire dietro il suo strumento come Luisa aveva immaginato potesse
succedere. Seguì ancora un breve solenne momento di immobilità e di silenzio,
poi attaccarono tutte e tre insieme con il primo dei quattro movimenti del
brano di Bach.
Luisa
cominciò subito a fare del suo meglio per cercare di separare tra loro i suoni
dei tre strumenti, poiché voleva concentrarsi sul violoncello. Ma era
tutt’altro che un compito facile perché le redini del pezzo sembravano
saldamente nelle mani del clarinettista. Solo a sprazzi il suono grave delle
corde sfregate dall’archetto della sua inquilina affiorava come da sotto una
superficie liquida.
E, anche se negli intervalli tra un brano
e l’altro applaudì come tutti gli altri nel pubblico, poiché non voleva
assolutamente correre il rischio che Alessandra potesse accorgersi della sua
delusione, Luisa si sentì almeno in parte defraudata: era venuta per ascoltare
Alessandra, non le sue compagne o Bach!
Le cose
andarono tuttavia meglio con il brano successivo, quello di Brahms. Alessandra
rubò la scena alle sue due colleghe in molte parti dell’esecuzione e il
concerto cominciò finalmente a rispondere alle aspettative di Luisa oltre che a
risvegliare in lei un’adeguata risposta emotiva.
Il vero
miracolo accadde però con l’ultimo, più breve, brano: l’Andantino di Fauré. Il
violoncello attaccò per terzo, dopo il piano e il clarinetto, ma nel momento in
cui lo fece Luisa si sentì come sommergere. Finché, da un certo punto in poi,
smise anche di dedicarsi a isolare il suo suono da quello degli altri
strumenti. Chiusi gli occhi, si abbandonò semplicemente al flusso del suono.
Immagini spontanee cominciarono a formarsi davanti all’occhio della sua
mente.
Questa parte del labirinto è stata scritta da Ivano
Landi, autore dei romanzi L'Estate dei Fiori Artici e Solve
et Coagula.
Ecco
cosa puoi fare adesso...
- Puoi scegliere come continuare la storia, scegliendo tra uno dei brani qui sotto:
- Cercò allora a quel punto di tornare a concentrarsi sulla musica, ma fu tutto inutile: era ormai entrata, come in certi dormiveglia, in una specie di tunnel dove i sogni e i ricordi si intrecciano insieme in un groviglio inestricabile. Era infine tornata bambina e riconobbe il posto in cui si trovava: la campagna che si apriva sul retro della casa della sua nonna materna, cioè, proprio della nonna che le raccontava, insieme a tante altre, la storia di Zio Lupo. [continua] (vai alla parte AAAAAAAAAABAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA di Ivano Landi, clicca sul link)
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Forza
e coraggio, l'avventura nel dedalo continua!
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